L'intervista che non farò mai


Non dico che ci sarei riuscita, quasi sicuramente no. Ma non dico nemmeno che non mi sia passata l'idea per la testa, perché non sarebbe vero. Qualche volta ho pensato: "Mi piacerebbe parlare con lei", ma nel momento in cui pensavo a cosa le avrei chiesto, nella mia testa c'era il vuoto più assoluto. Cosa chiederle che lei non ci abbia già detto? Cosa volere da lei che non ci abbia già regalato a piene mani? E cosa avrei potuto dire io, se non confondermi tra la folla di milioni di altre persone e balbettare il mio amore assoluto e incondizionato, senza riserve? Quello che lei ci ha regalato, e ci regala tutt'oggi, è tutto ciò che ci serve, ed è un patrimonio enorme. Il privato? E' cosa sua, che importanza può avere per noi, che abbiamo già tanto?

 

Non starò a ripetere cose già dette per esaltarla, né a inventarmi strampalati aggettivi, non è necessario. Basta ascoltarla e, in secondo luogo, basta guardarla, anche adesso, e rimanere incantati non solo da quello che fa, ma dal suo sorriso e dal suo sguardo, anche dietro gli occhiali, che ci guarda dritto negli occhi e ci fa sembrare che sia diretto solo a noi, il pubblico, ma uno per uno. 

 

C'è solo una cosa che voglio aggiungere a quanto è stato detto, qualcosa a cui forse non è stato dato il giusto risalto: la capacità di essere fedeli a se stessi che lei ha dimostrato in modo chiaro e netto, e in più di un'occasione. Non è mai facile per nessuno, ma in certi ambienti diventa più difficile che scalare l'Himalaya a piedi nudi. Lasciare guadagni ancora più alti e sempre più alti, viaggi, un pubblico adorante, per riprendersi la propria vita. Per essere liberi di fare ciò che davvero si vuole. Quante persone conoscete che l'hanno fatto?

 

Già non è facile per noi, persone per così dire normali. Ma per una diva? Ma diva diva, però, perché per trovare qualcosa di anche soltanto lontanamente paragonabile dovremmo arrivare solo a Hollywood, e non la Hollywood di oggi, ma la Hollywood delle grandi donne, quelle che ti bastava vederle una volta, di sfuggita, per non dimenticarle più. Non sono molte e lei è paragonabile solo a quelle. Per una diva così, quanto coraggio, quanta intelligenza, quanta fermezza ci vogliono per scegliere di chiudere definitivamente quel capitolo e aprirne un altro completamente diverso e ancora più difficile? La domanda è retorica e quindi non rispondo.

 

Non mi stupisce invece che il dopo sia stato ancora più grande, più lungo, più stabile. Perché con questo talento mostruoso e tanta intelligenza, tanto impegno, tanto amore e tanta passione, la sua grandezza poteva solo crescere e amplificarsi, per diventare qualcosa di unico, che non ha davvero termini di confronto, di sicuro in Italia ma, sospetto, non solo in Italia.

 

Una cosa so con certezza: io ho una figlia e una nipote, 2/3 di genealogia femminile, proiettata nel futuro. Per me e per loro sono felice che esista una donna così, che abbia dimostrato e dimostri, giorno per giorno, che si può essere straordinariamente grandi e ancora più straordinariamente normali, che la vita di relazione è il nucleo da cui partire per costruire la propria vita, che privilegiare il privato può servire a trovare una dimensione ancora più matura nella propria professionalità e, in questo caso, addirittura a rendere chi è grande ancora più grande. Che una donna può essere tutto, ma soprattutto libera di essere ciò che vuole essere.

 

Quindi cosa avrei potuto dire a lei, se l'avessi incontrata, se non balbettare un timidissimo ed emozionatissimo "grazie"?

 

Grazie di essere lei. 

Ancora qui. 

Tra questa orchestra.

E noi.

Un grazie in particolare alla redazione della pagina Facebook di Mina  che ha pubblicato il mio articolo e mi ha permesso di usare questa splendida foto.