L'Avventura della Fanciulla e del Grande Calciatore


Estratto da un libro che devo ancora scrivere...


 

Ti ricordi, amica mia, quando ti parlai delle mie vicessitudini all'inizio delle scuole medie? e delle difficoltà che superai con un'interrogazione sulla Sardegna? vecchia passione nata ancora ai tempi delle elementari? 

Bene, tienilo bene presente perché devi sapere che, nel momento in cui cominciai ad interessarmi di sport, e soprattutto di calcio, divenne assolutamente necessario tifare per una squadra. Il ruolo della super partes non mi è mai andata a genio, devo sempre tifare per qualcuno, con grande sportività, ma tifare. Quindi dovevo trovare una squadra adatta. Le solite? quelle familiari? (e cioè Inter, mio zio, o Juventus, mia sorella... tutti gli altri se ne disinteressavano totalmente: te l'ho detto che la mia era una famiglia strana...) No, troppo ricche, troppo famose. Pensa te la sorpresa, perciò, quando scoprii che una delle squadre più forti del momento era, guarda caso, il Cagliari! Sembrava fatta apposta per me. Una squadra fortissima, alternativa, e della regione che più amavo. Tienilo bene presente questo, mi raccomando. Che io scelsi il Cagliari per prima cosa, scelsi la squadra, in modo totalmente indipendente dai giocatori. Questo sarà molto importante ricordarselo in vista di tutto quello che ti racconterò...

 

Insomma, diventai tifosa del Cagliari a tutti gli effetti: cominciai a vestirmi di rosso e di blu, a seguire tutte le partite, per la prima volta andai allo stadio, e dopo ci andai spesso. Pensa, ci andavo da sola, io, ragazzina, bellina (non mi sentivo così ma lo ero, a rivedermi nelle foto)  con i colori della squadra avversaria in mezzo a una marea di tifosi locali e quindi avversari. Eppure non ebbi mai problemi, anzi, scambiai chiacchiere sportive con un sacco di gente. Tutti uomini ovviamente, ma nessuno mi insultò e nessuno cercò neanche di abbordarmi. Questo era lo sport. Eravamo tutti lì perché era bello vedere giocare, era bello lo sport. Era bella la vita. Ed è bella. Nell'oggi e nel ricordo.

 

A questo punto tieni conto che ero molto giovane. E anche che ero abituata ad innamorarmi dei personaggi che vedevo in televisione, vivi o morti che fossero. Quando decisi insomma di diventare tifosa del Cagliari fu naturale imparare tutto sui giocatori e per prima cosa decidere chi era carino e chi no. Com'era possibile quindi non innamorarmi di Lui? di Lui che era il più famoso giocatore del momento? e il più bello? no, forse il più bello no, tutto sommato aveva le gambe storte e il viso molto scavato, non era bellissimo, ma aveva una qualità che nessun altro aveva: non si sentiva bello, non "faceva" il bello. Era stranamente autentico, a costo di essere scorbutico con chi lo assillava. Ma era lui, il Grande Calciatore. Fortissimo, bravissimo. E soprattutto amava (ama) il calcio con tutto se stesso, era leale, sportivo, sempre corretto in campo, anche con chi cercava di fermarlo con metodi poco ortodossi (cioè praticamente tutti, perché quando aveva il pallone lui faceva paura). E poi adorava la Sardegna. Non era la sua terra d'origine, ma l'aveva adottata con convinzione e non è mai tornato indietro. A quei tempi cominciavano a girare nell'ambiente cifre da capogiro, e lui era il più ambito da tutti. Ma restò al Cagliari. Era ricco, certo, ma rinunciò con estrema intelligenza a diventare inutilmente ancora più ricco per essere fedele a se stesso. Curioso, mi viene in mente un'altra persona, una cantante, no, la cantante italiana per eccellenza, unica e irraggiungibile, che fece una scelta analoga. Scelta di grande intelligenza. 

 

Insomma, tornando a noi: con tutti questi presupposti potevo io, piccola e comune mortale, restare insensibile al fascino di un uomo che veniva adorato da centinaia di migliaia di ragazzine come me? Naturalmente no. E infatti me ne innamorai perdutamente, con quel gusto che solo un innamoramento a distanza di anni luce nel Kronos e nel Kairos poteva dare. Mi innamorai di lui come mi ero innamorata del fratello della mia amica delle medie. Era bello sapere che esisteva, era bello trovarne una foto su un giornale, era bello pensare a lui ascoltando una canzone. Era bello sognarlo... 

Ma  qui cominciano le complicazioni.... quindi procediamo con ordine. 

 

Il Grande Amore per il Grande Calciatore non mi aveva certo impedito di vivere la mia normale vita di ragazzina che cresceva, di avere il mio primo filarino reale (e il meno interessante) e probabilmente di innamorarmi contemporaneamente di una serie di attori, cantanti e altri personaggi più o meno di carta che vedevo in TV o a teatro. Ma poi successe qualcosa, quando già avevo finito la scuola e non ero più tanto ragazzina, perlomeno in teoria perché io a vent'anni ero ancora molto, molto ragazzina. Intellettuale e politicamente impegnatissima ma molto infantile per quello che riguardava tutte le questioni relative a civetterie e cose del genere: un po' per ingenuità e molto per orgoglio... potevo abbassarmi io a civettare? ovviamente no. Infatti le mie amiche erano piene di corteggiatori e io no. E se li avevo non me ne accorgevo o li facevo scappare a gambe levate. Sigh... 

 

Insomma, successe una notte di primavera, nel 1974. Lo sognai. Il Grande Calciatore. Mi trovavo sul balcone di casa mia con lui, che aveva una camicia bianca. Mi sorrise? non lo so, non mi ricordo esattamente. Ma ricordo che mi prese la mano. E mi sembra di sentirlo ancora, il tocco di quella mano... E poi... basta. Tutto lì.

Ma mi svegliai completamente persa in un solo sentiero: devo conoscerlo. Devo vederlo di persona. Devo parlargli. Per farci che? Non lo so. So  solo che devo conoscerlo.

 

Teniamo conto che ormai io avevo finito il liceo e mi trovavo in quella fase di interregno della mia vita in cui non sapevo proprio cosa fare ancora, ma in cui avevo voglia di scoprire il mondo. "Com'è bella l'avventura.." cantava un grande cantante italiano in uno sceneggiato televisivo, cavalcando per boschi, per monti e per valli. E la volevo anch'io l'avventura, anche se forse non a cavallo...

 

Così, scientificamente e metodicamente mi accinsi a raggiungere il mio scopo. Sulle prime partii in sordina e molto saggiamente. Pensai cioè di andare a trovarlo quando lui veniva in trasferta a Roma. Ma, al tempo in cui presi questa decisione, una partita si era già tenuta e la seconda, su cui contavo, fu annullata o rimandata o spostata non so dove, non ricordo. A quel punto se la montagna non veniva a Maometto, Maometto doveva per forza andare alla montagna.

 

Attivai le mie conoscenze teatrali per arrivare ad un giornalista famoso, tanto per capire come muovermi. Gli telefonai e lui mi rispose molto gentilmente, dandomi appuntamento nella sede della RAI di Roma. Qui sorse il primo problema: cosa gli racconto? "Scusi, signor giornalista, mi sono sognata il signor Tal dei Tali, saprebbe dirmi come raggiungerlo?". No, non funzionava proprio. E poi la mia dignità dove la mettevo? potevo finire in mezzo alle ragazzine urlanti in cerca di un autografo? ma non se ne parlava proprio.

 

Così mi inventai una storia, molto plausibile, ovviamente. Raccontai che facevo parte di un gruppo di studenti universitari che aveva deciso di fondare un giornale e che  per partire alla grande voleva realizzare un'intervista  che facesse veramente scalpore, uno "scoop", per usare un termine un po' demodée ...

 

Funzionò alla grande. Il giornalista famoso mi mise in contatto con un altro giornalista famoso, sportivo stavolta, che mi mise a sua volta in contatto con la RAI di Cagliari. Io telefonai a loro e loro mi diedero il numero di telefono dell'allenatore della squadra. Salutai tutti cordialmente e me ne tornai a casa.

Il giorno dopo, nascosta in un angolo del corridoio dove non mi potessero sentire i miei genitori, (mi serviva un po' di privacy e molto coraggio...)  chiamai l'allenatore, gli spiegai del giornale e dell'intervista e questo fu più o meno il nostro dialogo: 

"Bene signorina, noi ci alleniamo tutti i giorni allo stadio. Venga pure lì e ci vedremo."

Io, ad occhi sbarrati che per fortuna al telefono non si vedevano: "Ma pensa che potrò fare quest'intervista?"

"Ma certo, è nostro dovere rispondere alle domande dei giornalisti. Allora, ci vediamo venerdì?"

Ed io "Sì. sì, venerdì va benissimo."

" Bene, a venerdì allora!"

"A venerdì."

 

Non ricordo granché di quel che successe dopo. so solo che andai di là da mia madre e dissi: "Io domani parto per Cagliari." E mamma: "Perché?" "Ho un'intervista con un calciatore. " E lei: "Ah, va bene." Stop. Non ricordo altro.

 

So solo che io non avevo mai viaggiato da sola in aereo, eppure prenotai un biglietto, anche ad un buon prezzo, tra l'altro. So anche che prenotai un albergo. Non so come, non c'era Internet allora. So che feci una valigia ed uno o due giorni dopo, non ricordo esattamente (non ricordo nemmeno se era proprio venerdì, so solo che erano i primi di aprile) presi l'aereo ed arrivai per la prima volta in Sardegna, a Cagliari. Credo che presi un taxi ed arrivai in albergo, dopodiché i ricordi si fanno un pochino più nitidi. 

Appena arrivata sistemai le mie cose ed ebbi l'idea di chiamare la RAI, se non altro per ringraziare. Non l'avessi mai fatto! Mi risposero con grande entusiasmo, e dissero che volevano conoscere la loro giovane collega. “Anzi, dato che domani dobbiamo comunque andare allo stadio per un servizio, perché non vieni prima qui, così andiamo tutti insieme?”

 

Oh Santo Cielo, ma ero proprio sicura che stesse capitando tutto questo proprio a me? Pareva di sì... 

Sperimentai allora in maniera molto chiara quello che avevo cominciato a capire di me solo vagamente a scuola ai tempi delle interrogazioni, ma che sarebbe diventata una mia caratteristica molto spiccata. Io posso parlare di fronte a migliaia di persone, a braccio, senza battere ciglio. Di fronte ad un impegno molto importante, che esula dalla quotidianità, io divento freddissima. Apparentemente. In realtà ho lo stomaco che si contorce ed i sudori freddi, ma riesco ad apparire tranquillissima. Anche perché sono emozionata, è vero, ma non ho paura.

 

In quei giorni di primavera a Cagliari io ero emozionatissima, così tanto che ancora oggi il ricordo mi fa sorridere e battere le ali, ma non avevo un attimo di esitazione. Io volevo la mia avventura, come volevo e voglio tutta la mia vita di rivoluzioni e cambiamenti. Non ho mai esitato per quanto riguarda i miei rischi e mai esiterò. E' quando entrano in ballo le altre persone che le cose cambiano...

Ma torniamo a quei giorni d'aprile del lontano 1974.

 

Non posso dire che quella notte dormii profondamente come il principe di Condè, ma comunque mi svegliai la mattina dopo, feci colazione e pranzai in albergo, riguardando la lista di domande che avevo preparato per l'intervista. Poi, nel primo pomeriggio, presi un taxi e andai alla RAI (Inutile dire che avevo dato fondo ai risparmi di una vita...)

 

Fui accolta veramente alla grande. Tutti quei giornalisti (non famosissimi, diciamocelo, la sede RAI di Cagliari allora non è che fosse proprio importante...), furono gentilissimi con me, e soprattutto cordiali come colleghi. Chiacchierammo di sport, ovviamente, e delle ultime novità nel mondo del calcio (eravamo alla vigilia dei mondiali di Monaco). Io spiegai il nostro progetto di giornale universitario con dovizia di particolari perché la faccia tosta e la fantasia non mi mancavano di certo. E poi, arrivati all'ora stabilita, montammo tutti in un corteo di macchine, con tanto di operatori e  telecamere (enormi, allora). Insomma, arrivammo allo stadio con una pompa tale che non potemmo, e quindi non potei proprio, passare inosservata. E che mi qualificava indiscutibilmente come una giornalista vera. 

E questo fu il guaio. 

 

Perché il grande Calciatore, come ti dicevo, era una persona molto seria e molto gelosa della sua vita privata. Ma era ossessionato dai giornalisti ed in quel periodo li odiava particolarmente. Credo fosse arrivato un intero team dall'America che non era riuscito neanche ad avvicinarlo. In quei giorni in particolare poi era successo che non so quale giornale aveva pubblicato qualcosa di particolarmente odioso. Non so di che si trattasse perché io non avevo certo preparato domande sulla sua vita privata, la mia era un'intervista inventata di sana pianta, ma serissima.

 

Insomma, arrivare con tutto quel corteo di macchine della RAI fu una pessima idea. Uno dei giornalisti gli andò vicino per parlargli di me e io vidi già da lontano che scuoteva la testa. Arrivò davanti a me. Sì, proprio davanti a me, uno degli uomini più famosi d'Italia e un po' anche del mondo, in quel momento. Ma il fatto che scuotesse la testa mi stava già facendo girare le scatole, così in quel momento non mi emozionai per niente... Gli chiesi se poteva rilasciarmi un'intervista e lui mi disse secco e scortese. "Adesso no. La prossima settimana." Accennai un "Ma io..." E lui, taglientissimo: "La prossima settimana." E se ne andò.

A quel punto non ero più emozionata, ero infuriata! Il "Ma io..." voleva dire infatti: "Ma io non posso restare una settimana intera, non ho più un soldo! E' un giornale universitario il mio, non il New York Times!" ma non me ne aveva dato la possibilità.

Presuntuoso e maleducato!

 

Tornai alla sede della RAI con tutto lo staff, che era abbacchiato quanto me perché anche loro non avevano combinato niente... e me ne restai per un po' in un angolo a prendere appunti per un articolo al fiele che diceva peste e corna di quel presuntuoso divucolo da 4 soldi... E allora sì che avrei trovato modo di pubblicarlo!! altroché!

 

Mentre me ne stavo lì con questi pensieri battaglieri mi si avvicinò uno dei giornalisti che fino a quel momento se ne era stato un po' in disparte e non aveva fatto parte del comitato di accoglienza. Mi chiese gentilmente ma molto seriamente di fargli vedere la lista delle domande che avevo preparato: la lesse, ci pensò su, e poi mi disse: "Senti” - dimenticavo di dirti che fin dall'inzio ci eravamo dati subito tutti del tu... - “ tu adesso cerca di mettere un po' di acqua in quell'aceto di domande che hai scritto, io intanto telefono a mia moglie e tu stasera vieni a cena da noi. Poi vediamo cosa possiamo fare..."

 

Stupitissima, ma con molta naturalezza, dissi di sì. Intanto avevo rimediato una cena gratis e poi... ERA TUTTO UNA GRANDE AVVENTURA:-)))))))))

 

A proposito dell'aceto... il fatto era che tutto volevo che si capisse tranne che io ero lì solo perché ero innamorata persa del Grande Calciatore come le altre migliaia di ragazzine... così, per non correre il rischio, avevo preparato delle domande non solo serissime, ma anche un po' acide...

In realtà era e sarebbe sempre stato un comportamento abituale per me: se mi piaceva qualcuno lo trattavo freddissimamente e lo tenevo a distanza. Furba, eh? Fortuna che qualcuno poi non se n'è fatto né in qua né in là...

 

Ma torniamo a quella sera. Uscii dalla sede RAI con il Giornalista Serio, e ce ne andammo a casa sua. Aveva un villetta molto carina un po' fuori città, una moglie francese molto bella e molto simpatica, ed una deliziosa bimba di due anni. Scoprii inoltre che era un appassionato di cucina e così gustai una cena semplicissima quanto gustosa. E gratis. Non ricordo se ci furono ospiti a cena, credo di sì ed io raccontai ancora una volta la mia storia, che si era arricchita di particolari, un po' veri e un po' no, e a cui mi ero così abituata che ormai ci credevo anch'io...

 

Mi ricordo però che durante la cena ogni tanto il mio ospite si allontanava e sentivo vagamente che confabulava al telefono... finché, a metà della serata, venne di là in sala da pranzo e mi disse semplicemente: "Domani alle 14.00 è tutto tuo".

 

Tutto mio? Il Grande Calciatore? Ma veramente? Pareva proprio di sì.

Non so come finì la serata perché da quel momento in poi andai completamente nel pallone. Apparentemente ero normalissima e parlavo come al solito - sai bene che parlare non mi viene difficile - ma dentro di me continuavo a dirmi:"Lui? Proprio lui? Tutto mio?"

 

La serata finì e tornai in albergo, non senza aver promesso però ai miei nuovi amici di tornare l'indomani dopo l'intervista e di fermarmi di nuovo a cena e anche a dormire, prima di ripartire  per Roma.

Dormii? non dormii? e chi lo sa? tutto ritorna ad essere di nuovo avvolto nella nebbia...

Ricordo solo che l'indomani arrivò, che mi preparai e presi l'ennesimo taxi per lo stadio (o mi accompagnò il Giornalista Serio? non me lo ricordo proprio). So che arrivai prima dell'allenamento e che qualcuno mi accompagnò in una saletta negli spogliatoi e mi fece accomodare in una poltrona. So che aspettai, cincischiando con le mie domande private dell'aceto ma in realtà avvolta da una nebbia di incredulità che mi avvolgeva fittamente. Chissà com'ero allora, che aspetto avevo? com'era il mio viso, la mia espressione? A volte mi prende una gran tenerezza per me da piccola, sì lo so, avevo vent'anni, ma ero tanto giovane..

 

Quello che ricordo bene è che ad un certo punto la nebbia si diradò... ed emerse Lui, proprio Lui, bellissimo come un dio greco e con il sorriso più spontaneo, normale, e quindi tanto più affascinante e smagliante che abbia mai visto... Permettimi di ringraziarlo, amica mia, perché questo signore non mi ha regalato soltanto due ore del suo tempo, mi ha regalato un sogno, un sogno bellissimo proprio perché spontaneo, autentico, profondamente vero.

 

L'intervista la feci tutta, non solo, aggiunsi anche qualche domanda improvvisata. Lavoravo molto seriamente e quindi feci attenzione alle domande ed alle risposte. D'altra parte l'intervista esiste e ovviamente te la farò leggere...  ma ogni tanto una parte di me si chiedeva all'improvviso: "Ma è proprio vero? sono proprio qui? Con lui che mi parla e mi sorride, che chiacchiera con me di musica e di politica in modo così spontaneo? come fossimo amici da anni?" 

 

Era vero, amica mia, era tutto splendidamente vero. Così tanto che, arrivati a un certo punto, lui mi chiese: "Ci sono ancora molte domande?" Io gli dissi che eravamo circa a metà e mi aspettavo che dicesse be', sa, è tardi, forse è meglio che finiamo qui. Invece no. Mi disse sì, che era tardi e che lo aspettavano, ma che mi avrebbe accompagnato in albergo e poi mi avrebbe raggiunto nel pomeriggio a casa dei suoi (e miei) amici, per finire l'intervista. Così avvenne che mi accompagnò in albergo. Così avvenne che me ne andai in giro per la città in macchina con il Grande Calciatore. E siccome gli parlai del mio amore per la Sardegna, e del fatto che era la prima volta che vedevo la sua città, lui mi fece fare un giro più lungo, per farmi vedere qualcosa in più... 

 

Nel pomeriggio, puntualissimo, arrivò all'ora stabilita nella villetta dei nostri amici e finimmo l'intervista, chiacchierando piacevolmente del più e del meno. Solo ad un certo punto ricordo che stette per un attimo in silenzio e mi sorrise. Io gli chiesi, che più ingenuamente non si può..."Perché sorride?" E lui, continuando a sorridere, mi rispose: "Glielo dico dopo" Ma poi non me lo disse più. Ed io non glielo chiesi.

Che dici, aveva capito secondo te che io ero innamorata persa di lui, nonostante tutta la mia serietà ed il mio impegno, che peraltro erano anche autenticissimi, in questo strano cocktail di cose diverse che sono io e che è la mia vita? Forse l'aveva capito o forse no. Da autentico gentiluomo qual era, qual è, non me lo disse mai.  

Ma quel sorriso era mio e mio è rimasto. Solo per me. 

 

Poi mi dovetti riabituare al mondo senza di lui. E non fu facile. Tornai a casa e tutto sulle prime sembrò spento al confronto di quanto avevo vissuto. Ma con il tempo scoprii che la mia Grande Avventura mi aveva regalato molto di più che due giornate indimenticabili: mi aveva regalato la consapevolezza che, se avessi desiderato veramente, ma proprio veramente, nel più profondo di me stessa, qualcosa, sarei riuscita ad ottenerla. Grazie, signor Grande Calciatore, grazie di avermi fatto il più bel regalo che una ragazza di vent'anni possa ricevere: la consapevolezza di essere padrona del proprio futuro.

 

Più tardi trovai in un libro  di Paul Klee alcuni versi che rappresentavano compiutamente questa mia sensazione sotto forma di poesia. Li regalo anche a te, amica mia, come li ho sempre idealmente regalati a tutte le persone che amo:

 

Poiché venni, si schiusero i boccioli

la pienezza è intorno

perché sono

Per incanto il mio orecchio crea nel cuore

il gorgheggio di un usignolo.

Sono madre di tutto

di tutti

sulle stelle

e nelle lontananze estreme.

Così,

poiché andai,

fu sera.