L'intervista


Qui di seguito riporto la trascrizione dell'intervista dato che l'originale, a causa dell'età vetusta, non è molto leggibile, ma l'ho inserito nella pagina per dimostrarne l'autenticità... :-)


Per correttezza non ho scritto il nome del Grande Calciatore, anche se è molto facile indovinarlo. E' stata scritta 41 anni fa... tenetene conto :-)))


Può sembrare strano il fatto che in un giornale universitario trovi spazio un’intervista con -----. Questo perché molti benpensanti credono che la gioventù studentesca sdegni di occuparsi di un idolo del calcio, preferendo a questo miti dì’altro tipo. E’ un discorso senza senso: è infatti assurdo pensare che la vita dei giovani universitari debba gravitare soltanto intorno a interessi necessariamente politici o intellettuali, ignorando qualsiasi altra tendenza dell’animo umano ed offrendo così il fianco alle tediose spiritosaggini sullo scarso dinamismo della gioventù moderna. Avere una coscienza sociale e politica, quindi, non ci chiude in un mondo buio e angoscioso, ma pone invece tutti i nostri interessi in una dimensione più reale e divertente.

 

E’ giusto allora occuparsi dello sport anche in questa sede, specialmente se teniamo conto dell’enorme importanza sociale e culturale che ha storicamente sempre avuto. Per quanto riguarda il calcio in particolare, è inutile parlane in termini di diffusione e popolarità, è più interessante invece sottolinearne gli aspetti positivi e negativi. Innanzitutto è uno sport di squadra, che porta quindi a quello spirito di collaborazione necessario al raggiungimento del miglior livello tecnico, poi è uno spettacolo piacevole, intelligente e non violento, in cui si comunica attraverso l’entusiasmo e nell’euforia di certi momenti si dimenticano l’isolamento e la diffidenza tipiche della caotica vita che tutti conduciamo.

 

Naturalmente non è più positivo quando sfocia nel fanatismo e nella violenza, quando si perde di vista la sua dimensione reale e resta un pretesto per sfogare i propri istinti peggiori, o quando è solo un rifugio per estraniarsi da interessi troppo impegnativi. Non è più positivo, quindi, quando si creano degli idoli che, abbandonata la loro realtà umana, diventano i simboli di ciò che l’uomo medio vorrebbe essere, sostenuti soprattutto dalla stampa che, invece di avere una funzione critica, contribuisce fortemente a questo stato di cose. Per questo, e per innumerevoli altri motivi, è giusto contestare i miti e, ancora di più, le loro strutture portanti: io credo infatti che nessun uomo, per nessuna ragione al mondo, vada considerato al di sopra degli altri.

 

Smitizzare però non vuol dire distruggere queste persone, ma cercare di vederle nella loro autentica luce: con questi intenti ho preparato questa intervista con -----, affrontandolo come una persona qualsiasi, cercando di scoprire i suoi interessi, i suoi problemi e, soprattutto, l’effetto che il successo ha avuto su di lui. Naturalmente ho impostato l’intervista come un colloquio, per cui le risposte che io ho scritto non corrispondono parola per parola a quelle di -----, ma ne riassumono brevemente il senso.

 

Ecco il testo:

 

D: Come inizio, una domanda un po’ particolare: signor ----, lei ha già ricevuto moltissime interviste, ha risposto a centinaia di domande sugli argomenti e nei toni più disparati. Come vorrebbe invece essere intervistato? Cosa pensa che potrebbe o dovrebbe effettivamente interessare al pubblico che la segue?

R: Vorrei soprattutto che la gente si rendesse conto che noi calciatori siamo persone normali, che nella nostra vita non esistono misteri particolarmente interessanti, insomma sarei contento che ci conoscessero e apprezzassero come uomini e non come divi.

 

D: Che importanza ha il lavoro nella sua vita e come occupa il tempo che non dedica al calcio?

R: Il lavoro è una delle cose più importanti della mia vita, al punto che l’avrei fatto anche se non mi avessero pagato per questo. Non ho perciò alcuna ambizione repressa; per quanto riguarda il tempo libero, ho un’officina di cui mi occupo personalmente.

 

D: Si ritiene pienamente soddisfatto dalla sua attività lavorativa oppure ha esigenze e problemi d’altro tipo e, in particolare, come si pone di fronte a quei problemi che attualmente sconvolgono la vita del popolo italiano?

R: Io conduco una vita piuttosto tranquilla, per cui non ho esigenze particolari; i problemi del nostro paese mi interessano e mi preoccupano come qualsiasi altra persona, non è che il lavoro mi isoli da tutto quello che succede al di fuori del mondo del calcio.

 

D: Anche se il suo interesse è soltanto intellettuale, visto che lei, per molti motivi, non è coinvolto direttamente in certe situazioni di disagio.

R: Questo è vero solo in parte perché io vivo all’interno della società, quindi ogni suo problema mi riguarda direttamente.

 

D: Quali sono le sue idee e il suo atteggiamento politico rispetto al delicato momento storico in cui ci troviamo, cosa pensa, ad esempio, del fenomeno della delinquenza?

R: Delle mie idee politiche preferisco sinceramente non parlare perché sono abbastanza particolari e potrebbero essere travisate da chi non mi conosce bene.

 

D: Potrebbero esserle attribuite cioè delle facili etichette che non corrisponderebbero poi al suo effettivo pensiero?

R: Esattamente. Per quanto riguarda il fenomeno della delinquenza, penso che dipenda da un caos organizzativo a tutti i livelli e da un’assoluta mancanza di decisione nel risolvere qualsiasi problema.

 

D: Cosa pensa della contestazione giovanile? E del marxismo?

R: La contestazione giovanile è una cosa fondamentalmente giusta, quando non dilaga nell’esibizionismo e nella violenza, parlando naturalmente per quanto ho letto sui giornali, non per esperienza personale. Per il resto io rispetto ogni idea politica ma, per quanto ho detto prima, preferisco non sbilanciarmi.

 

D: Passando ad un altro argomento, allora, vorrei sapere che tipo di letture preferisce, se le piace la musica, il cinema, il teatro e, in generale, che cos’è per lei la cultura.

R: Dunque: purtroppo sono costretto a leggere nei ritagli di tempo, per cui scelgo delle letture distensive, non troppo impegnative; mi piace il cinema e la musica leggera di un certo livello, Fabrizio De André, per esempio, il problema non si pone invece per il teatro che, a Cagliari, praticamente non esiste. Io credo poi che la cultura sia un certo tipo di preparazione che si può trovare sui libri ma che è soprattutto esperienza di vita e di contatti umani.

 

D: Lei ritiene che lo sport rientri nel campo culturale e che abbia più che altro una buona influenza sull’uomo o che possa avere dei grossi risvolti negativi?

R: Riallacciandosi al discorso precedente, lo sport come fatto sociale ed umano è cultura e quindi i suoi effetti sono soprattutto positivi, specialmente per chi lo pratica: per i tifosi invece molto spesso diventa uno stimolo all’esagerazione e al fanatismo, per cui si perde di vista il suo significato più autentico.

 

D: Secondo lei i campionati mondiali di calcio sono soltanto un evento sportivo o qualcosa di più e, in particolare, cosa hanno rappresentato per lei i mondiali del Messico, umanamente?

R: Ovviamente sono qualcosa di più di un avvenimento sportivo perché l’interesse di tutti, in quel periodo, è puntato solo su quello. Noi che ne siamo i protagonisti, però, non riusciamo a capirne a fondo l’importanza perché viviamo molto isolati e non ci arrivano le emozioni che pervadono invece tutto il pubblico. I mondiali del Messico per me sono stati una grossa soddisfazione e delusione al tempo stesso, perché siamo partiti con pochissime speranze, abbiamo avuto delle grosse soddisfazioni, e poi ci siamo anche sentiti rinfacciare di essere arrivati solo secondi.

 

D: Fino a che punto la interessano e la coinvolgono i problemi della categoria calciatori?

R: Mi interessano molto perché sono pienamente cosciente del fatto che, in qusto ambiente, se c’è gente che guadagna milioni, la maggior parte dei calciatori si deve accontentare di una miseria, per cui seguo le rivendicazioni della categoria con estremo interesse. Non partecipo forse attivamente ma se se ne presentasse l’occasione e la necessità, farei anche questo.

 

D: Lei è cattolico?

R: Sì.

 

D: In tal caso si sente pienamente rappresentato dal Vaticano, cioè ritiene che la Chiesa, oggi, rispecchi nella maniera più fedele lo spirito evangelico?

R: No, assolutamente. Anzi, in questi termini allora sono cristiano, non cattolico. La fede è per me un fatto veramente importante, che mi sostiene in molti momenti, è un modo di vedere le cose e di organizzare la mia vita.

 

D: Lei ha molti amici, o comunque, crede nell’amicizia?

R: Sì, ci credo profondamente però non ho molti amici perché non è facile trovarne, specialmente nella mia situazione; io credo infatti che un vero amico debba essere come un fratello, non solo una persona con cui scambiare quattro chiacchiere e basta.

 

D: E’ garanzia, secondo lei, per un’amicizia, una conoscenza di anni?

R: No, è garanzia una conoscenza vera, non una conoscenza lunga.

 

D: Per concludere: lei ha detto, in svariate occasioni, di essere molto legato alla Sardegna e che la Sardegna ha fatto molto per lei: ora lei non si sentirebbe di dovere, in qualche modo, di contraccambiare?

R: Penso di farlo innanzitutto compiendo seriamente e con impegno il mio lavoro, ad altro potrò pensare solo in futuro.

 

In effetti a me non interessava tanto sapere che cosa avrebbe concretamente fatto per la Sardegna, quanto se ne sentiva il bisogno, il desiderio, per completare così questo piccolissimo quadro della sua personalità. Dal testo di questa intervista emerge, secondo me, la figura di un uomo con delle importanti qualità sia umane che intellettuali, che non hanno però la possibilità di realizzarsi, vivendo in un ambiente troppo ristretto e limitato dal proprio stesso successo; tra l’altro, certe insoddisfazioni, anche se sono soltanto a livello inconscio, emergono sotto forma di scontrosità, introversione e diffidenza eccessiva. E’ assurdo quindi creare degli idoli e pensare che la loro situazione sia invidiabile, perché il successo, quando non deforma la natura dell’uomo, ne limita notevolmente le possibilità e poi, tutto sommato, è decisamente più comodo poter uscire tranquillamente per la strada senza la paura di essere sistematicamente assaliti da una folla ululante. 


Ed ecco l'originale...