Solitudine

di Anita Boianelli


Anita Boianelli - Senza titolo
Anita Boianelli - Senza titolo
 
Era un viso triste e chiaro,

che guardava quel sudario,

che piangeva innanzi al fuoco,

rifiutando ogni gioco.

Non sapeva più che fare,

se odiare oppure amare,

non sapeva cosa dire,

se ribattere o udire.

non sapeva più cos'era,

non sapeva più chi era.

Era forte quel dolore,

non reagiva a quel malore.

Ad un tratto ferma lì

cadde a terra

e poi morì.


Anita Boianelli è nata il 1.09.2001 a L'Aquila. Ha frequentato la scuola di S. Sisto, Circolo didattico G. Marconi. Ama conoscere la storia e la biologia degli animali e cucinare dolci e ricette.

Studia violino. Ha frequentato corsi di teatro, decorazioni con il vetro e con pasta da zucchero. Frequenta la scuola secondaria di I° grado Dante Alighieri.


Quando sono tornata in Italia, mi sono ripromessa di dedicare parte della mia pagina web alle cose belle che avrei trovato, le cose di cui tutti sanno poco, ma che ci sono, e in quantità.

 

Purtroppo non ho quasi mai trovato il tempo di farlo anche se, nonostante tanto caos e tanti problemi, di cose belle, e soprattutto di persone belle, ne ho trovate tante.

 

Ma questa non poteva proprio mancare perché è una poesia  veramente bella, musicale, espressiva. E non è triste, per quanto il tema apparentemente lo sia.

 

Io conosco questa giovane poetessa ed è la bambina più solare che esista, piena di idee, di fantasia, di voglia di conoscere e sperimentare. Ha scelto un tema difficile per una bambina, ma non certo estraneo ai bambini, che non sono spensierati come voleva farci credere una vecchia tradizione, ma che tante volte si sentono soli, tristi, e hanno paura. Basta pensare davvero alla nostra infanzia per saperlo. Ma se poi questi bimbi si guardano intorno e vedono visi amati e che li amano, trovano in sé e nel mondo la forza di reagire e di gioire di tutto.

 

Ogni bambino deve affrontare il dolore e la paura, anche se non sempre sa come dare nome a ciò che li fa soffrire. Anita ci è riuscita, ha saputo gettare fuori di sé le sue paure, conosciute e sconosciute, sotto forma di poesia. E di una bella poesia. In questo modo, io credo, le ha esorcizzate, guardate in faccia e affrontate con tutta la sua prorompente voglia di vivere. Le ha combattutte "dicendole", nominandole e dando loro una forma artistica. In sostanza direi che questa mia giovane amica ha sperimentato da sé quello che Aristotele chiamava "catarsi": la purificazione attraverso l'arte delle passioni negative. Evitiamo di storicizzare troppo questo concetto applicandolo solo alla tragedia greca, prendiamolo nella sua essenza più profonda e di conseguenza più universale, così universale che può essere scoperto e utilizzato anche da una bambina di oggi, purché sia stata educata, come Anita, alla capacità di pensare.

 

Chiuderei questo piccolo commento semplicemente con un applauso, anche se virtuale, alla nostra giovane poetessa per averci regalato questa poesia così bella, e con un grazie personale per avere dato a me la possibilità, ancora una volta, di  riflettere, di imparare e di andare avanti nel mio perenne cammino verso la conoscenza.